Fai di ogni sforzo un sorriso… Sarà condiviso! di Roberto Cabalisti

Partita della Stella – Rimini 🌟 campionato italiano Baseball 2002

Fai di ogni sforzo un sorriso… sarà condiviso!

Non ero riuscito a chiudere occhio la sera prima, ma dovevo sforzare il mio corpo e soprattutto la mente doveva riposare per studiare il giorno dopo la strategia! Tutta la sera con i miei compagni in un vai e vieni di giocatori e dirigenti della squadra che si apprestava ad affrontare quella che sarebbe potuta essere l’ultima partita di campionato! Un campionato che ci aveva permesso di entrare nei play off grazie a dei ragazzi, affascinati dalla presenza di un giocatore famoso, un ex “Major Leaguer”, uno tra i giocatori più famosi in America per le gesta atletiche nel ruolo di leader carismatico, pieno di spettacolari prese in tuffo all’esterno, ruolo da lui amato.

In questo ruolo ci sono ragazzi che vi giocano senza saperne il significato e si arrabbiano perché si sentono esclusi dal gioco, come se chi ti avesse messo in quel ruolo lo avesse fatto perché non sai giocare a baseball… ma tu stai giocando a baseball. Io, quando ci giocavo, andai a vedere chi in Major League vi giocava e come stava in campo durante ogni azione di gioco. Il batti e corri non ha mai cambiato l’ETICA del gioco! Vi sono stati dei notevoli miglioramenti a livello di fisicità, nuove metodologie di come correre, di come tirare una palla, ma rimane invariata la psicologia del gioco.
Lui era veramente il trascinatore della squadra! Beh, con Chuchy ci siamo divertiti non poco. Ciò che un grande spogliatoio crea nessuno lo può mai sapere. Chuchy era… è un grandissimo atleta che curava il suo fisico per preparare ogni singola partita e stagione. Lavorava con i pesi e con la velocità, perché amava sempre battere il tempo, proprio come quando rubava basi ai vari Nolan Ryan, Pedro Martinez… “Ti devi allenare prima di tutto nella testa”, diceva. Se ti poni dei limiti non puoi pensare di diventare il protagonista quando si accendono le luci del Diamante.


Cena finita, fuori un temporale minaccia lo svolgimento di gara 5, io partente con Matteo a ricevere quella che sarebbe potuta trasformarsi in una definitiva Stella. Sì, quella vittoria aveva il significato del decimo scudetto nel campionato Italiano di serie A e avevo tra le mani la palla del partente. Insonnia, pensieri, strategie, relax, felicità, voglia che i riflettori si accendano per giocare, voglia di premiare le fatiche di ogni singolo della società: tifosi, amici, famiglie, tutti! Tutto questo assume ancora maggiore intensità se il legante con questi singoli è l’amicizia, magari condivisa in un “Uno per Tutti e Tutti per uno!” Ormai piove a intermittenza… dieci minuti di acqua, poi smette per un po’. L’acqua stempera gli animi per la sconfitta del giorno precedente. Come reggerà però il terreno con questa acqua? Parte una spedizione di tecnici per valutare la situazione del terreno di gioco mentre stava cessando di piovere. Come pensi di lanciare domani? Hai inventato un nuovo lancio? Ti ricordo che ho solo cinque dita e con i tuoi segnali doppi siamo a dieci! Mandami un messaggio sms e scrivimelo lì! Mi si avvicina Matteo. Ci guardiamo e ridiamo. “Beh – gli replico -, effettivamente di lanci ne ho scoperto uno molto efficace”… Non riesco a finire la frase che il mio ricevitore mi girava le spalle ed andava via mostrandomi la mano, evidenziando molto sinteticamente il dito medio!

Matteo conosceva ogni mio movimento, riuscivamo ad avere un’intesa immediata dopo prove e prove eseguite in allenamento durante i Bullpen dove cercavamo l’intesa prima di tutto, il modo di creare degli out, il togliere la potenza curando la precisione. La precisione mette pressione, la potenza impressiona e se queste armi le possiedi entrambi. Ora bastava uno sguardo per l’intesa… e che intesa! Canocchia il soprannome – era una CANOCCHIA! Ottimo atleta, impagabile la sua resistenza. Non era proprio la primissima grande emozione che provavo, per mia fortuna sportiva la vita mi aveva permesso anche altre situazioni di essere protagonista positivo per la squadra schierata con il mio nome come lanciatore partente, altre volte poi come rilievo a sostituire i miei compagni. Ci fu pure l’esordio con una scritta sul petto che mi riempiva di orgoglio: “ITALIA”!


Nientepopodimeno che nell’anno 1987 venni convocato agli Intercontinentali che sarebbero stati disputati a “Cuba”, la casa dei migliori giocatori al Mondo tra i cosiddetti “Non professionisti”. Quest’avventura l’ho percorsa con il manager di quel tempo Silvano Ambrosioni (il suo numero il 7 è stato ritirato nella Nazionale Italiana dopo la sua scomparsa qualche anno fa. Grazie Silvano per ciò che mi hai trasmesso per la passione che ci mettevi con noi). Silvano viene verso di me, mi dà la palla in mano e mi augura buona fortuna! Ero il partente contro Cuba! (“Che culo – pensai in quel momento – Il piatto del giorno!”), battendomi la mano sulla spalla. Una risatina per entrambi e con il whity nazionale a creare una strategia con “’sto piatto del giorno”. Era un mix di lanci, gli stessi a diverse velocità!
“Il piatto del giorno” finì 4 a 1 per Cuba, al Latino Americano gremito di gente per nove riprese contro questi mostri sportivi che primeggiavano da anni la classifica mondiale. Nove riprese lanciate, ero riuscito a fermare una strapotenza che si permise di vincere tutte le successive partite imponendo a tutte le squadre la vittoria prima del limite! Così fece anche con noi nella partita di ritorno del torneo. Restò solo quella macchiolina nel loro score, quel 4 a 1 e nove riprese.


Intanto qualche strana notizia ci perviene dagli emissari in visione dello stato del terreno di gioco. Aveva smesso da un po’ di piovere intensamente, ora era soltanto pioggerellina. Il terreno avrebbe assorbito l’innaffiata naturale e fatto risparmiare l’accensione dell’irrigazione notturna.
La serata si svolse in gruppi che giocavano a carte, degni dei migliori tornei giocati nei bar. C’era quasi sempre il presidente che giocava insieme a qualcuno dei più anziani ed era impossibile vincere contro di lui, dato che minacciava di non farti giocare l’indomani, ahah! In qualche tavolino ci si scambiava momenti vissuti in settimana con le compagnie di amici, più o meno ci si conosceva tutti. Poi c’era l’angolo del baseball. Partita alla tv e commenti di giocate e strategie che il video proponeva rigorosamente in Inglese! Ecco il tutto mentre arrivavano notizie del terreno. Gli irrigatori non sono stati fermati e continuano a irrorare acqua sul terreno, ci sono addirittura dei tubi che riversano annaffiate copiose sulla terra rossa già leggermente umida per la pioggia appena scesa. Viene fermato l’afflusso dei timer d’irrigazione e bloccata la fuoriuscita dai tubi: allagamento evitato. Rientrano i tecnici per confermare l’interruzione del flusso extra. Ora si aspettava solo il meteo. La pallina volteggiava nell’aria complici nelle sue traiettorie le mie dita che la manipolavano di continuo. Tutti sapevano che quella era la mia consuetudine prima di ogni partita. La digestione notturna era oramai in fase finale, la partita era terminata poco dopo la mezzanotte e la cena veniva consumata dalla squadra al rientro in hotel… a tavola ore una di notte. L’indomani la partita era alle ore 20 e 30, c’era quindi il tempo per gestire la cena consumata prima di coricarsi.


Illuminante fu quella volta alle Olimpiadi di Atlanta 1996. Ero in compagnia di un’atleta speciale per lo sport Italiano, un certo Yuri Chechi. Con lui passavamo insieme le giornate e durante le varie sfide nella sala videogame mi disse: “Fai di ogni sforzo un sorriso, sarà condiviso”. Lui vinse l’Oro agli anelli e il suo viso mi fece capire le sue parole! Io vinsi la partita inaugurale contro la Korea che era appena giunta seconda ai Mondiali precedenti.
Il sorriso ci riunì amichevolmente quattro anni dopo a Sydney 2000, dove lui però non poté rappresentare l’Italia come atleta per un grave infortunio avuto qualche mese precedente. Mi dispiacque moltissimo, ma fu simpaticissimo rincontrarci.


Era giunto il momento di fare distendere il corpo sul letto per così l’indomani generare le energie necessarie all’evento. Doccia, accensione tv per ascoltare le oramai prime notizie della giornata, distensione sul letto e… buonanotte! La palla continuava a volteggiare per finire sul comodino e riposare pure lei. “Buongiorno!” Il sole traspariva dalle tapparelle lasciate leggermente aperte volutamente la sera prima, l’aria era fresca, la colazione mi aspettava. Afferro la palla e scendo. “Buongiorno” era la parola sempre avvicinata dal “Sei pronto?” Ogni mio compagno di squadra mi salutava così. Siamo pronti! ripetevo io con il mio buongiorno, fatto di frutta, yogurt, brioche e l’immancabile caffè doppio in tazza grande in compagnia di battute, aneddoti, chiacchiere con chi si era svegliato e, come me, nel tempo della colazione, si trovava nella sala. Erano le nove del mattino, il pranzo si sarebbe consumato tutti alle ore 13,00 aveva deciso lo staff. Rimaneva il tempo per fare due passi sul lungomare sottostante l’hotel, con la mia pallina che volteggiava tra le dita. Il sole tentava di uscire forte, ma una leggera nuvola lo teneva tenue, tempo ideale per fare due passi. Ci incamminammo in un bel gruppetto e scendemmo le scale che ci portavano sul bagnasciuga Tirreno. Qualche schizzo naturalmente veniva lanciato da chi passeggiava nei dintorni dei tuoi piedi mentre si camminava scarpe in mano rinfrescandosi sino alle caviglie. Poi tutti puntuali, ore 13,00 a tavola. Chuchy era carico e trasmetteva energia per la partita. Si prendeva in giro Mike (Mike Marchiano), per non aver mai fatto nessun fuoricampo quell’anno da quando era arrivato a stagione già iniziata per problemi di lavoro in America… naturalmente lui si impermalosiva! Finito il pranzo, siamo tutti davanti allo schermo in sala a vedere la partita che la tv a pagamento trasmetteva in diretta dagli States. Merenda tutti ore 16,30, cena prepartita ore 18,30.


La palla tra le mie mani prendeva sempre più decisione nelle impugnature e nelle rotazioni che mi sarei proposto la sera. “Caffè?”, mi propone Matteo. “Doppio va bene.”, gli sorrido io. Iniziamo così a preparare l’imminente strategia da utilizzare la sera. Eravamo riusciti nell’intento di arrivare a questa partita con il monte contato sin dall’inizio del campionato, con quattro lanciatori effettivi: una grossissima impresa. Adesso stava a me riuscire tenere a freno le forti mazze avversarie che dovevano rimontare la serie di finale che pendeva pesantemente verso la nostra direzione, visto le tre partite vinte su quattro giocate.
“Allora, se il battitore si muove avanti ti cambio il lancio con questo, se fa un movimento con il piede destro indietro ti tiro interno”, “Fai in zona strike il primo e poi cambiamo strada facendo”… e la strategia iniziava ad essere studiata mentalmente. Con Matteo bastava un colpo d’occhio e capivo cosa lanciare in quel momento. Intanto mi rubava la palla dalle mani per giocarci lui. Il tempo passava e l’ora si avvicinava e dopo aver consumato merenda e cena, tutti in divisa ore 19,00 dentro il bus, direzione Diamante.


Avevano, visto la giornata piovosa la notte precedente, provveduto a sistemare il terreno di gioco che era leggermente umido, ma perfetto per la disputa dell’incontro che sarebbe regolarmente iniziato alle ore 20,30. Prendemmo i nostri posti nello spogliatoio ed iniziò il riscaldamento dei reparti in gioco. Lo stadio si animava di persone minuto dopo minuto, questa partita attirava i palati fini degli appassionati del batti e corri. Una squadra pluri-scudettata con già la stella in bella mostra sulla divisa da alcuni anni, contro una società che cercava il suo secondo scudetto. Mi aggiravo scrutando la mia squadra, l’atteggiamento di ognuno faceva trasparire la voglia di essere protagonista a breve, quando l’arbitro capo avrebbe decretato il playball. Riscaldamento delle gambe, delle braccia, nel mentre la concentrazione mentale, rivivendo giochi e giochi provati e riprovati nell’aspetto tecnico, solo in attesa di far girare quella palla nelle etiche dello sport.


Guardavo quest’oggetto di pelle bianca unita dalle 108 cuciture che lo rendono protagonista prezioso per il gioco. Davanti ai miei occhi gli avversari che precedevano il nostro riscaldamento nel terreno di gioco. Concentrati e potenti i battitori colpivano la palla con abilità. Si prospettava una partita combattuta e spettacolare.
L’adrenalina saliva. Dovevo controllare ogni emozione e cercare di pensare solamente a tenere presente ogni situazione che sarebbe poi stata determinante nella corretta esecuzione per il risultato difensivo della squadra.

Dopo aver sciolto i muscoli sul lettino del massaggiatore, gli scatti fatti con le gambe per prepararle alla resistenza della partita, con la palla che sempre fin lì mi era stata tra le dita che iniziava ad essere palleggiata tra me e Matteo per riscaldare le nostre braccia. Una ventina di minuti e tutti sull’attenti in Onore dell’Inno Italiano che gli altoparlanti iniziavano a cantare. Si avvicinava il fatidico playball. Venivano presentate le formazioni in campo, con ruoli e turni di battuta. Mi rimanevano una decina di minuti per completare il riscaldamento e per Matteo per capire la mia efficacia. “Playball”, urla l’arbitro capo! È l’inizio, si gioca!


Queste partite diventano intense quando i lanciatori e le difese schierate in campo mettono tutta la loro capacità e concentrazione in ogni singolo lancio effettuato verso i battitori avversari. La tensione si sente negli occhi.


il primo inning termina con un nulla di fatto per entrambe: due zeri, uno per parte, si illuminano sul tabellone segnapunti. Riandiamo in attacco e dopo il primo out da parte della difesa avversaria, si presenta al box colui preso in giro durante il pranzo per non aver mai ancora fatto un fuoricampo sin allora. Si avventa sul primo lancio che riceve in battuta e lo spedisce oltre le barriere con una potenza impensabile: il suo primo fuoricampo arrivava nel momento più atteso! 1 a 0 per noi e naturalmente il bravo Mike festeggiato per l’impresa!
La precisione chirurgica nell’effettuare i lanci a Matteo diventava fondamentale, la concentrazione era massima, la voglia di vincere alle stelle! La successiva valida di Paolo con un out termina con il secondo e terzo out e un nulla di fatto per due volate out successive. La dritta funziona egregiamente tirandola da 3/4 la zona di rilascio, come anche il mio slider, che sembra telecomandato! In ogni lancio ci metto tutta la determinazione e la volontà di rendere ingannevole ogni movimento effettuato. Gli avversari restano fuori tempo e la partita rimane sotto controllo della difesa. Alla quinta ripresa lo score scriveva sei strike out da me effettuati e una valida e zero le basi ball fin allora concesse…


Squadra vittima di una pari precisione nei miei lanci era stata la Korea alle passate Olimpiadi, che si dovette chinare alla precisione e astuzie del sottoscritto dopo nove riprese lanciate. Mettere pressione al battitore senza dargli il modo di adattarsi ai lanci che deve provare a battere era la mia prerogativa tattica… si presentava l’opportunità di ripetere l’impresa.


A svegliarmi dai sogni una tremenda legnata di Andrea (Erbetta) Castrì, che cercò di pareggiare l’incontro colpendo un bel lancio basso verso la recinzione, dove a difendere la zona vi era Chuchy, che con una corsa veloce riuscì quasi nell’impresa, ma, complice una errata chiusura di guanto nel salto per catturarla, la palla cadde e gli avversari fecero un doppio valido, posizionando un uomo in posizione punto.
Bisognava stringere i denti. Era la seconda valida che concedevo. Meglio regalare la prima base al prossimo battitore per forzare il gioco, decidendo di sfidare il battitore successivo con due out già ottenuti. Scelgo così di affrontare Roby De Franceschi, quello che a fine carriera risulterà il miglior realizzatore di valide in Italia di tutti i tempi… che scelta!
Slider deciso verso la zona strike. Quel tanto sfugge alla ruggente mazza di Roby! Wow, andata bene! Uno strike per me. Tolgo un po’ di velocità e cerco di angolare più esterno, ma mi serve il secondo strike, quindi deve passare per la zona. Ci riesco, la palla va verso l’angolo esterno e la mazza nuovamente girata da Roby De Franceschi, la colpisce in ritardo alzando un campanile che finisce nel guanto di Mario (Chiarini), che gioca a difendere il lato del campo esterno di destra. Terzo out e 0 sul tabellone per gli avversari. Tocca a noi ora la fase di attacco. Come spesso accade nello sport dopo una situazione di difesa riuscita nella complicanza del momento, questo ti porta ad andare in attacco con più determinazione. L’attacco inizia a produrre una serie di battute valide e di azioni veloci sulle basi che mette in difficoltà l’avversario. È la sesta ripresa. Panta (Giovanni Pantaleoni, che giocava in terza base) viene eliminato dopo un bunt a sorpresa e ben eseguito. Base su ball a Jim (Buccheri, che gioca esterno sinistro) con immediato pick off per la sua bravura nel rubare base al lanciatore. Sandro è il battitore successivo (Alessandro Gaiardo difendeva il terreno della seconda base, grande cultore della battuta scuola George Brett, da questo il soprannome Georgy in campo. Ottimo difensore dotato di tecnica e astuzie per mietere out in difesa). Colpisce duro con una lunga battuta che porta Jim in terza. Torna a battere Mike. Mike era con il suo precedente fuoricampo l’autore del punto che sino a quel momento ci vedeva avanti nel punteggio. Gira a vuoto il primo lancio di poco e la potenza c’era tutta. Il secondo lancio lo colpisce di controllo e piazza la palla lungo la corsia centrale del lanciatore verso il sacchetto della seconda base, in direzione del guantone dell’esterno centro che nulla può, se non ritirare la palla verso il diamante interno. 2 a 0 ora, con due sacchetti occupati da Sandro in seconda e Mike, l’autore della valida in prima. Decisi così di alzarmi ed andare a riscaldare il braccio nel bullpen.

Si presentava l’occasione di vincere, l’importante per me era la difesa successiva.

Gli avversari erano gli stessi… avrei mischiato ancor più le velocità, visto che funzionava con il controllo. Intanto l’attacco si rende autore di un’altra battuta con Paolo (Pierpaolo Illuminati, in difesa spesso nel ruolo di ricevitore, era schierato a difendere la prima base in questa partita visto che la sua capacità di gioco difensivo ed offensivo gli permetteva di essere scelto a ricoprire difensivamente vari ruoli) che batte una rimbalzante che la difesa non riesce a chiudere in doppio gioco con un lancio decentrato che obbliga un movimento di allungamento del prima base con il piede che sembra staccarsi un momento dalla base per prendere la palla, con l’arbitro perfettamente in linea con la mia visione dal bullpen in quel momento. Mi stavo rendendo conto che la partita era perfetta. Alla battuta Mario! (Mario Chiarini era l’esterno destro in difesa, la natura gli aveva consegnato una struttura da atleta statuario fin da giovane, eleganza e potenza in un mix di velocità che gli aveva permesso di fare un’esperienza di due anni negli States tra i professionisti e questo lo aiutò molto la nostra squadra). Gran doppio verso il muro di destra e il tabellone segna il 3 a 0 provvisorio. Intanto continuo a lanciare verso il mio bullpen, catcher Miky (Michelangelo Pari, che sempre lavorava con me nel bullpen, ricevermi lo divertiva un sacco! Mi sfidava, dovevo lanciare perfettamente nel guanto senza che lui lo muovesse altrimenti la palla passava dietro! Miky era sempre presente con me! Ci divertivamo.


Alla battuta ora c’è il mio complice Matteo (Matteo Baldacci segue la scuola di un altro grande ricevitore con cui ho lavorato in batteria, così è detto del duo lanciatore e ricevitore, un certo Elio Gambuti, suo predecessore. Grande intesa con entrambi). Matteo si avventa sul primo lancio che produce la valida in campo destro permettendo di segnare altri due punti. 5 a 0 lo score sul tabellone e dovevo finire la sesta ripresa, poi altre tre da fare. Grande Matteo! Due out e dopo Matteo in lineup, cioè alla battuta, Seth (Seth La Fera gioca ora interbase ed era all’epoca un ottimo lanciatore, molto efficace anche sul monte di lancio: il braccio da interbase gli permetteva dei meravigliosi out spettacolari!), che riceve una base su ball, e di seguito in battuta si presenta Chuchy Carr, che con una battuta corta e le sue gambe veloci, dopo uno spettacolare tuffo verso la prima base in scivolata giunge salvo e riempie le basi… Dove ero io? Con Miky a tirargli sul guanto! Non potevo distrarre il pensiero, dovevo restare concentrato sulla difesa e sul controllo.
Basi piene e torna alla battuta chi aveva iniziato il sesto inning: Panta (Giovanni Pantaleoni giocava terza base quel giorno! Ottimo difensore in ogni ruolo, anche lui possedeva il braccio di chi sul monte ha fatto grandi cose e anche ottimo controllo di mazza in battuta, possedendo potenza e occhio). Lunga battuta verso destra e con un tuffo degno dello spettacolo l’esterno destro avversario la cattura al volo, terzo out. Lascio il bullpen e mi avvio verso il monte di gioco. Il tabellone segnava un 5 a 0 inequivocabile.

Credo di aver impressionato abbastanza il pubblico visto che la quinta ripresa mi dava sei strike out fatti e a fine sesto inning erano 9K in sei riprese. Credo di aver fatto tre strike out con nove lanci. D’altra parte, la concentrazione del lanciatore deve aumentare invece di festeggiare precocemente la vittoria finale, se arriverà.

Lo slider era padrone delle traiettorie e la dritta sorprendeva, dando luogo al terzo strike. Matteo sapeva dove prenderle, il suo target era pressoché perfetto. 5 a 0 alla settima e così anche l’ottava ripresa.
Lanciare così diventa un’arte davanti ai 30.000 spettatori e le televisioni di tutto il mondo puntate su di te! Sei alla nona ripresa e davanti una potenza Mondiale quale la Corea da affrontare. Una potenza, visto che è il primo sport nazionale come importanza tra gli altri sport praticati. Tu sul petto la scritta Italia, sotto batte un cuore che ne alimenta l’emozione.
Tutti in piedi, e adesso? Il primo out è una volata pericolosa sull’esterno sinistro assistito dall’esterno centro. Ci metto del mio e faccio strike out al secondo battitore. Parto aggressivo sul terzo battitore con slider e dritta fino a quando non riesco a fare battere la palla verso Andrea (l’interbase allora era Andrea Evangelisti, uno fra i più bravi in questo ruolo che io abbia visto giocare in Italia). La battuta sul suo guanto, un passo e il rilancio per quello fu l’out più importante della carriera! Avevamo battuto la Korea all’inaugurazione della più importante disciplina olimpica in casa degli americani. Una rivincita per quello dissero verso l’Italia nel lontano anno Olimpico di Los Angeles 1984 dove era sport promozionale e non con medaglia! Italia batte la Corea 2 a 1 ad Atlanta 1996 e quell’emozione risale.


Rimane da lanciare la nona ripresa contro un’altrettanta squadra titolata avversaria ora. Miky mi dà la consueta pacca sulla spalla mentre mi avvio sul monte nel diamante. Lo stadio è pieno, ma giochiamo fuori casa. L’arbitro capo chiama play ball! Avevo contribuito con dieci strike out sino all’ottava ripresa con i miei lanci, due le battute valide e una base su ball concessa alla quinta ripresa. Quello che più contava ora era di non concedere vantaggi alla belva ferita. Nel batti e corri sono frequenti momenti dove una squadra improvvisamente concede il punteggio all’avversario per perdita di concentrazione o stanchezza. Non sentivo la stanchezza, tant’è che il primo out successivo avvenne con l’undicesimo strike out con due lanci veloci dritti nei tre necessari. La difesa la sentivo padrona del gioco, io concedevo poco agli avversari mettendo sotto pressione ogni singolo battitore. Alzando gli occhi verso gli spalti mi accorgo di un lungo applauso da parte di tutto il pubblico nei miei confronti, nonostante fossi l’avversario carnefice. Rimanevano due out da effettuare per chiudere la partita. Ryan Miller, il secondo nel turno da affrontare, gira il primo slider alzando una facile presa sull’esterno destro Mario, che cattura la palla e porta il totale a due out.

“Che cos’è una partite perfetta?”, mi chiedeva mio figlio. È quella dove nessun battitore riesce a toccare salvo il cuscino di prima base. Tutti e ventisette gli eliminati che servono a completare il gioco vengono effettuati con giocate che non permettano nessun ingresso sulle basi agli avversari, diciamo un’impresa fantastica e rara. Però esistono altri modi per definire perfetta una vittoria.


Restava l’ultimo out. Sul box si presenta Marco, il ricevitore della squadra avversaria (aveva la capacità di creare contatto sempre con la mazza sulla pallina e spesso indovinare i buchi della difesa). Incassa il primo strike senza muoversi e mi concede il vantaggio. Lo sfido con il mio slider. Il secondo lancio è ben calibrato sul filo esterno dritto e veloce, per il secondo strike guardato. Due strike e zero i ball il conteggio per me. Il pubblico trattiene il fiato, la tensione è oramai scintilla, le squadre in situazione di attesa, le emozioni… tutto si ferma per quell’ultimo lancio, per quello che potrebbe essere l’ultimo lancio. Un’emozione particolare che insegna i valori dello sport. Dopo ore sacrificate ad allenarsi, tenendo tra le mani quella pallina e pensando di lanciarla cercando ti toglierla dall’impatto della mazza avversaria. Lancio lo slider. Esce dalla mia mano una traiettoria ingannevole bassa esterna, dove la mazza girata dall’avversario non può che evitare l’impatto e finire salva nella mia bacheca dei trofei come dodicesimo strike out, quello che permetteva la definitiva vittoria della tanto sospirata Stella del decimo scudetto di squadra.
Sentii gli applausi che tutto il pubblico rivolgeva verso le due squadre che in campo si erano affrontate correttamente e lealmente. Avevo un groviglio di gambe e braccia sopra di me a creare una piramide umana dai miei compagni. Io sotto a fare da base! Avevamo vinto lo scudetto! Eravamo i Campioni d’Italia 2002 e Rimini da quel momento possedeva la Stella definitivamente cucita sulle nostre future casacche.

Yuri Chechi – Roberto Cabalisti     Olimpiadi Atlanta 1996

Vicentino di nascita, Cabalisti ha iniziato la sua carriera nel capoluogo berico con le società San Paolo, ABS Vicenza e Valbruna Acciai, arrivando fino alla Serie A2. Il suo esordio nella massima serie lo ha fatto nel 1984 a Trieste. Quindi passa prima a Verona e poi a San Marino, fino a trasferirsi nel 1989 al Rimini Baseball, di cui diventerà un simbolo grazie ai 20 campionati trascorsi in neroarancio e grazie ai numerosi successi ottenuti con il sodalizio romagnolo. Ha chiuso la carriera in IBL a 50 anni compiuti, con il triennio ai North East Knights di Godo, in provincia di Ravenna. È il lanciatore con il maggior numero di partite giocate (543) nel campionato italiano di baseball. È al secondo posto nella classifica delle salvezze in carriera (62), dietro a Ilo Bartolucci con 63, e al terzo posto per vittorie (167). Cabalisti ha debuttato in Nazionale nel 1987, in occasione di Cuba-Italia 4-1 valevole per la Coppa intercontinentale. In totale ha collezionato 49 presenze in azzurro. http://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Cabalisti 2 Olimpiadi (Atlanta 1996 e Sydney 2000) 2 Titoli Europei per Nazioni, 5 titoli italiani, 1 Coppa dei Campioni nel 1989, 2 Coppe CEB, 3 Coppe Italia 167 vittorie (3° posto in Italia). 1876 Strike Out, 62 Salvezze, Oltre 2200 inning lanciati – Eletto personaggio sportivo del secolo a Vicenza.

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Il Lanciatore ed i Barattoli

Ne restava affascinato dall’abilità nel lancio del colpitore dei barattoli

Pubblicato da Roberto Cabalisti · ·

Italy 2, Korea 1
AP , Associated Press
Jul. 21, 1996 8:44 PM ET
ATLANTA (AP) _ Italy pulled off the first upset of the Olympic baseball tournament Sunday, beating Korea 2-1 behind the pitching of Roberto Cabalisti.
Cabalisti held the Koreans to five hits and shut them out over the final eight innings as he went the distance. The Italians piled upon each other in celebration when Cabalisti got a groundout to end the game.
“I’m 35 years old and my career has been up and down,” said Cabalisti, who has a screw in his right elbow from an operation in 1990. “This is certainly the biggest win in my career and I’m going to take the game ball home with me.”
Korea, considered one of the four best teams in the tournament, scored in the first inning when Lee Byoung-kyu led off with a triple to center and Choi Man-ho hit a sacrifice fly.
Cabalisti pitched out of a bases-loaded threat in the second, then settled down. He allowed just one runner over the final four innings, striking out five overall, walking three.
Mun Dong-hwan allowed six hits over eight innings and struck out 11. Francesco Casolari doubled in a run in the first and Pier Paolo Illuminati had a run-scoring single in the fourth.
Italia 2, Corea 1
Ap, associated press
Jul. 21, 1996 8:44 PM e
Atlanta (AP) _ Italia ha organizzato la prima sconvolta dell’olympic torneo di baseball domenica, battendo la Corea 2-1 dietro il lanciatore di Roberto Cabalisti.
Cabalisti ha tenuto i coreani a cinque colpi e chiuderli fuori oltre gli ultimi otto inning come e ‘ andato la distanza. Gli italiani ammassati gli uni degli altri in celebrazione, quando hai un cabalisti groundout alla fine della partita.
” Io ho 35 anni e la mia carriera è stato su e giu,” Detto cabalisti, che ha una vite nel suo gomito destro da un’operazione nel 1990. ” Questa è sicuramente la più grande vittoria nella mia carriera e io sto andando a prendere la palla della partita a casa con me.”
La Corea, considerata una delle migliori squadre del torneo, ha segnato nel primo inning quando lee byoung-Kyu condotto via con una tripla a center e choi uomo-ho colpito un sacrificio volare.
Cabalisti lanciato fuori da una delle basi-caricato minaccia nel secondo, poi si è calmato. Ha permesso solo una runner oltre gli ultimi quattro inning, depennato cinque nel complesso, camminando tre.
Mun Dong-hwan permesso sei omicidi su otto inning e stato eliminato 11. Francesco Casolari raddoppiato in una corsa nel primo e Pier Paolo Illuminati aveva un vincente nella quarta.
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Una mia personale considerazione per cercare di far capire le argomentazioni del testo tradotto con l’utilizzo di internet nello scritto dell’articolo di origine con vocabolo Americano e letteralmente così letto in Italiano semplicemente cliccando un tasto del computer (scrigno di sapienza), traduci la pagina.
Un sorriso mi viene spontaneo nel leggere la traduzione.
Mi accorgo così quanta diversità nel tradotto testo vi sia per spiegare delle fasi di gioco del Battiecorri nostrano. Nella terminologia si traduce di “omicidi” e corse tra le basi. Difficile capire il senso delle azioni, penso che chi non è conoscente del gioco, dello svolgimento, farà fatica a capirne il senso per come sia tradotto in italiano.
Così prendo tra le mani la tastiera ed inizio a scrivere pensando a come poter coinvolgere il pubblico che mi sta osservando nel campo, Io atleta nel campo, dovrò dimostrare al pubblico che mi osserverà poi nelle prestazioni di gioco con la collaborazione dei miei compagni di squadra dove nella preparazione dello spettacolo saremo complici ed amici per affrontare il gruppo avversario nella sfida quando si apriranno i cancelli agli appunto ammiratori di queste strategie di gioco in campo, gli spettatori. La valutazione sarà dovuta ai gesti atletici nelle performance (azioni personali di abilità) dei protagonisti in campo nella sfida. Sembra la sfida di due corazzate – tipo – simbolicamente riferito fossero due navi di valorosi guerrieri che lotteranno per conquistare le altrui terre dove mettere piede correndo nel territorio avversario protetto da difese studiate per cogliere fuori dalle basi neutre (3) perimetrali il gioco mèta della conquista avversaria del territorio di difesa seguendo in distanza quadrata tali basi, sino a concludere la corsa al vertice della casa base (ultima da conquistare ed effettiva per poter segnare il punto che verrà esposto al pubblico in un apposito tabellone segnapunti), indicante anche le situazioni nella strategia del gioco che prevede siano scritti, appunto, su questo tabellone i parziali ed i complessivi risultati delle azioni di gioco in tempo reale per assistere gli spettatori nelle possibili distrazioni dal gioco che però tali distrazioni non sono ammesse per i giocatori durante lo svolgimento delle sfide in campo. La differenza sostanziale tra chi siede per vedere e tra chi invece decide di scendere in campo da protagonista, dove la distrazione può determinare il cambiamento del risultato nel tabellone segnapunti parziale che poi sommerà i punti per il risultato finale che determinerà il vincente.

Il gioco non prevede il pareggio nella sua originalità, ma può diventare possibile con l’accordo pre’ partita tra i due responsabili tecnici di squadra in sfida. Nel battiecorri, viene previsto un regolamento tecnico uguale per tutti i praticanti riconosciuti da un cartellino unico in un database iscritto nel circuito Italiano della Federazione Italiana madre di aspiranti protagonisti nel gioco. Questo regolamento subirà eventuali cambiamenti se i responsabili Manager delle due squadre in gioco, con a testimone l’arbitro (giudice ufficiale di gara), stabiliranno le regole ufficiali del campo. L’ Arbitro annoterà gli eventuali cambiamenti e lealmente nella stretta di mano dei due Manager con l’Arbitro Capo diventeranno i responsabili dello svolgimento corretto del gioco poi, che sarà così aperto dalla parola iniziale dell’arbitro “Play Ball” – “Gioca la palla” al partente lanciatore di casa. Ora questa spiegazione del gioco forse risulta più chiara di come la lingua verrà letta nella sua origine, il battiecorri.

Ora provate a pensare al fascino che prevede un tiro al bersaglio dove voi, divenuti protagonisti, vi esibite nel Luna Park davanti a dei tifosi improvvisati, di passaggio, o tra i vostri amici, voi vi esibite nella sfida di colpire dei semplici barattoli (chi non ha provato almeno una volta nella vita di colpire qualche cosa sfidando la mira, qualche oggetto con qualche altro oggetto da lanciare)… torniamo ai barattoli… messi a distanza come bersaglio dei vostri lanci.

Immagina, il lanciatore ora sei tu, dietro degli spettatori,  devi solo colpire il barattolo, (lo strike-il bersaglio), concentrati e lancia. Non serve la forza, poiché il barattolo cadrà al solo contatto della palla quale essa sia non nella forza quindi ma nella sua precisione. Sempre giudice l’arbitro capo, l’addetto ai barattoli, che decreterà la zona buona del contatto ed il suo avvenuto compimento. Il pubblico ne sarà spettatore. Si vince in campo nelle regole prima dettate e ora giudicate lancio dopo lancio. Io da lanciatore ho capito che, se volevo tenere attente quelle persone, magari spettatori improvvisati, li dovevo stupire nella precisione di colpire quei barattoli. Alcune volte con cadevano tutti, però chi vedeva il lancio preciso e continuo non poteva più andarsene. Ne restava affascinato dall’abilità nel lancio del colpitore dei barattoli. Pubblicato da Roberto Cabalisti • #RobyCaba28

Il lanciatore e i  barattoli

Sondaggio: la “palla più veloce” nella storia del campionato italiano

Double Play - Opinioni Sul Mondo Del Baseball

di MAURIZIO ROVERI

Un argomento “leggero” ma sicuramente stuzzicante è quello che Doubleplay vuole proporre oggi ai suoi lettori, sempre più numerosi (stiamo viaggiando verso le 40 mila “visite”, nello spazio di una quarantina di giorni ed è un numero molto promettente considerando che siamo ancora “fuori stagione” per il baseball).
Vorremmo coinvolgervi in un sondaggio. Anzi, qualcosa di più di un semplice sondaggio. Seguiteci. E chiedete aiuto alla vostra memoria, perché si tratta di un viaggio nel tempo.
Parliamo di lanciatori. Ci sono lanciatori che hanno scritto la storia del baseball italiano. Taluni di loro sono diventati degli idoli, dei personaggi fascinosi del nostro campionato per avere acceso gli occhi del pubblico con la potenza del loro braccio. Sono i cosiddetti lanciafiamme. Quelli dalla fastball che inchioda il battitore, quelli che dal monte sono padroni dell’aria, quelli che bruciano il guantone del catcher con le loro sassate.
Chi è…

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